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In aumento le morti verdi

​Secondo l’Osservatorio Asaps, nel 2017 ci sono state 178 vittime di incidenti sui campi o nelle strade adiacenti, il 7% in più del 2016. Facciamo il punto con Sandro Liberatori di Enama.

Dal 2010 al 2017 nel mondo verde la sicurezza nell’uso di trattori e macchine agricole ha presentato aspetti preoccupanti. Secondo i dati registrati dall’Osservatorio ASAPS si sono verificati 3.084 incidenti gravi che hanno causato 1.417 morti e 2.061 feriti. In particolare, nel 2017, le cosiddette morti verdi non sono diminuite ma aumentate, anche se di poco, passando da 176 a 178. Allo stesso modo il numero degli incidenti è cresciuto da 338 a 403 e quello dei feriti da 221 a 282.

Mettendo a confronto gli ultimi due anni, nel 2017, rispetto al 2016, i morti sono aumentati del 7,2% (da 166 a 178), con 403 incidenti, all’incirca lo stesso numero dell’anno precedente quando gli incidenti furono esattamente 400 e 282 i feriti, 4 in più rispetto ai 278 feriti del 2016. Ancora dati molto preoccupanti e in peggioramento rispetto al 2016 che aveva invece fatto segnare un primo miglioramento rispetto al 2015.

Su questo tema abbiamo fatto il punto con Sandro Liberatori, Direttore di Enama, l’Ente nazionale per la meccanizzazione agricola.

Nel 2017 i numeri delle cosiddette “morti verdi” continuano ad essere drammatici, sia rispetto al 2016 sia rispetto al 2010 (anno di benchmark del programma Europeo per la sicurezza stradale in Europa). Cosa non funziona in ambito di sicurezza sui mezzi agricoli?

“Il dato che emerge è sicuramente drammatico in quanto ancora non si riescono a ridurre efficacemente gli infortuni. A mio avviso le cause sono da ricondurre principalmente al fatto che il parco macchine è obsoleto. Basti mettere insieme due dati: 1.5 milioni di trattori in uso a fronte di vendite annue al di sotto dei 20.000 pezzi. Ammettiamo pure che le macchine in regolare uso siano poco più di un milione (dato abbondantemente in difetto) ci vorrebbero 50 anni per un completo rinnovo. Mezzo secolo che affiancato al trend dello sviluppo tecnologico costituisce un dato terrificante, ma questa è la situazione. Occorre quindi procedere con specifiche misure che mirino sempre di più ad eliminare o adeguare tutti i mezzi non a norma”.

Altri interventi, anche in base alla vostra esperienza?

“Senz’altro serve la formazione che spesso non è fatta da veri esperti del settore, ma lasciata a strutture che genericamente si occupano di formazione avendone soltanto i requisiti formali. Al contrario, occorre una formazione specifica e soprattutto pratica che dia quelle informazioni agli operatori su come agire in situazioni di pericolo durante la conduzione dei mezzi. Per fare questo occorrono formatori/istruttori altamente specializzati proprio nella conduzione e non solo sugli aspetti teorici. Enama ha da tempo posto in essere dei specifici moduli formativi condotti da professionisti della conduzione dei mezzi”.

Quali soluzioni sono possibili, dal vostro punto di vista?

“Vorrei soffermarmi sull’importanza della certificazione. La nota marcatura CE è una semplice autodichiarazione del costruttore che in molti casi non è sufficiente a garantire la sicurezza dei macchinari per il semplice motivi che le verifiche vengono effettuate dopo che è avvenuto un infortunio. Le certificazioni volontarie, come quella Enama, sicuramente offrono garanzie a tutti gli attori della filiera, compresa l’industria che vede “certificati” i propri sforzi di immettere sul mercato un prodotto rispondente alle normative. La certificazione è anche un aspetto culturale che non sempre entra nei processi decisionali in quanto può essere visto come un costo non necessario anche se è il costo che offre garanzie”.